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Dall’ Ici alla social card la filosofia di destra del Grande paternalista

26/07/2008
POLITICA INTERNA
La polemica

Basterebbe la rivendicazione di Silvio Berlusconi per cui il governo sta facendo una politica di sinistra per qualificare la sua azione come sfacciatamente di destra. SEGUE A PAGINA 4 Perché soltanto una filosofia di destra, un pensiero di destra, uno schema di destra può predicare un ideale di politica in cui l’ opposizione viene compassionevolmente sostituita dal governo. Il messaggio è quello tipico dei grandi paternalisti: poiché giudico che la sinistra non sia in grado di esercitare un ruolo politico efficace, venata di giustizialismo, incapace di collaborare subordinandosi alla maggioranza, la medesima sinistra è semplicemente inutile. Perciò va sostituita: e chi meglio dell’ onnipotente Berlusconi può surrogare il deficit culturale e comportamentale dell’ opposizione? C’ è di mezzo anche una psicologia: si sa che Berlusconi, fin dalla sua entrata in politica nel 1994, non è in grado di accettare la critica nei confronti suoi e del suo stile di governo. Si tratta di una disposizione spirituale che esige consenso, reclama solidarietà, pretende sostegno e calore collettivo, e rifiuta il dissenso come un atteggiamento inaccettabile, ai confini del sabotaggio («Non ci lasciano lavorare» fu lo slogan dei sette mesi del suo primo esecutivo). Non è neppure il caso di appellarsi alla storia della modernità e ai paradigmi sociologici di Max Weber per criticare gli assunti berlusconiani e le sue pretese di rappresentazione politica «totale». è sufficiente considerare in modo sommario la sua politica economica, a cominciare dai capisaldi della campagna elettorale del Pdl, vale a dire l’ abrogazione dell’ Ici e la detassazione degli straordinari. Due misure problematiche, la prima approvata a vantaggio dei ceti più benestanti e la seconda selettiva, tesa più a mandare un messaggio di mano libera agli imprenditori che non a ottenere risultati significativi sulla produttività e sul reddito del lavoro dipendente. Se a queste misure si aggiunge la trovata di marketing politico-mediatico della «social card», l’ eventuale patente «di sinistra» del governo Berlusconi tocca sfumature grottesche. Il ministro dell’ economia Giulio Tremonti può criticare il «mercatismo» da una prospettiva catastrofista e no global, nonché sostenere la necessità dell’ economia sociale di mercato (cioè il capitalismo «renano» codificato da Michel Albert), ma la «social card», autentica carta della povertà, tessera del pane per gli indigenti, rappresenta una patente di marginalità e irrilevanza sociale, che si concreta in un sussidio virtuale di un euro al giorno (in modo analogo, la «Robin Tax» verso petrolieri e banche rappresenta da un lato una irruzione statalista nel mercato, e dall’ altro l’ esercizio di una discrezionalità di tipo monarchico, e con tonalità non troppo vagamente peroniste: «Una volta in questi casi si tassavano gli operai»). In sostanza, quando Berlusconi cita più o meno per scherzo le misure di Singapore per chi sporca le strade («Chi sporca viene punito con sette frustate; mi dispiace non poterlo attuare in Italia») in realtà rivela la matrice più autentica della sua concezione politica: una dittatura benevola, un autoritarismo compassionevole come nella piccola Singapore, per l’ ordine pubblico; un certo bonapartismo alla Sarkozy per ciò che concerne il suo ruolo nella struttura istituzionale. Quindi non c’ è da stupirsi se l’ azione sulla sicurezza assume modalità compulsive, dalle impronte digitali per i bambini zingari all’ adozione dello stato d’ emergenza su tutto il territorio nazionale per ciò che riguarda l’ immigrazione. Ma per restare alla politica economica e «sociale» del governo, non occorrono grandi sforzi per individuare la linea di fondo della sua iniziativa. Ed è una linea schiettamente, apertamente di destra. Tutto il modello ideologico berlusconiano, dato che proprio di ideologia si tratta, è fondato sul progetto di separare l’ insieme degli interessi del lavoro dipendente dal complesso degli interessi delle corporazioni. Erosione sostanziale del sistema di welfare e di ogni struttura pubblica a partire dall’ università, fiancheggiamento delle organizzazioni imprenditoriali al fine di programmare i salari comprimendoli sotto il livello dell’ inflazione reale, per un verso; sull’ altro lato, una serie di segnali (sui limiti all’ uso del contante, sulla non trasferibilità degli assegni) che indeboliscono il contrasto all’ evasione fiscale e lasciano capire intuitivamente la preferenza del governo di destra per il blocco sociale delle caste professionali, del lavoro autonomo, di tutti i settori che potranno sfidare la stagnazione e l’ inflazione manovrando i prezzi ai danni dei consumatori e incassando in nero. Altro che sinistra. Dietro la velleità sarkozista di proporsi come il rappresentante integrale di tutte le fasce sociali, riunite in un unico blocco nazionale, dietro il pasticcio nazionalista combinato con l’ Alitalia, dietro il perdurante antieuropeismo, il governo Berlusconi conduce una controffensiva favorevole alle categorie imprenditoriali e autonome, mascherando questo atteggiamento con gli ukase di Claudio Scajola contro la speculazione e l’ annuncio di speciali nuclei per il controllo dei prezzi dal produttore al consumatore, con la Guardia di finanza a presidiare il mercato in modo che «nessuno pensi di fare il furbo». L’ obiettivo è con ogni evidenza la creazione di un’ economia «corporata», dove interessi nazionali e categoriali convergono, si integrano, collaborano a scapito di altri interessi, non protetti dal manto ideologico di destra. «Una democrazia non può permettersi cittadini in condizioni di miseria», dice Berlusconi, illustrando così una realtà antica, con una plebe indigente ai margini di una società prospera. L’ esito di una concezione simile è una politica che proietta sul paese un populismo futuribile, sostenuto da blitz mediatici, e una gestione arcaica della stratificazione degli interessi. Di sinistra sarebbero, nell’ ideologia del berlusconismo, le elemosine agli anziani, i contributi, i sussidi, i fondi speciali destinati alle giovani coppie per l’ acquisto della casa; ma è inesorabilmente di destra il vantaggio mantenuto alla rendita, e comunque la volontà di favorire l’ immobilità sociale, cioè la persistenza di un’ architettura gerarchizzata: insomma, una società bloccata in una sorridente e cinica presa conservatrice.

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